Fonte: BLOG "@Bicarbonati" di GIAN PIETRO SIMONETTI
Oggi raccontiamo una storia sbagliata ma emblematica. Una storia di politica locale. La storia di Livia. Per farlo dobbiamo spostarci di pochi chilometri. E raggiungere Cerreto d'Esi. Qui, per dieci anni, ha brillato la stella di Davide Alessandroni, Ragioniere Capo del limitrofo Comune di Fabriano nei tempi nefasti dell'Antonio Merloni trionfante e poi, per un decennio, primo cittadino del piccolo comune ubicato sotto le Serre. Non prevedendo la norma il terzo mandato, per Alessandroni non è stata possibile un'ulteriore candidatura a Sindaco e questo impedimento normativo ha rimesso in moto la politica cerretese, anche come rinculo di un'eredità dei conti pubblici fortemente condizionata da elevati livelli di indebitamento. Fatto sta che alle elezioni comunali del maggio scorso a competere sono quattro liste: due civiche, una del Movimento 5 Stelle e una del Partito Comunista. Con il 48,7% dei voti a vincere è la lista civica Uniti per Cerreto. Diventa Sindaco un giovane avvocato: Livia Ciappelloni. Ha un'età con la quale, nell'Italia renziana, si può diventare Ministro o Presidente del Consiglio ma se ti metti in testa di fare il Sindaco devi mettere in conto ostacoli e ostracismi aggiuntivi rispetto al classico repertorio di trucchi, tranelli e imboscate. Anche in un Comune di quattromila anime, come Cerreto d'Esi. Ma nonostante i vincoli di contesto Ciappelloni vince e indossa la fascia tricolore. Tra chi la sostiene, come sempre accade in queste circostanze, c'è chi pensa di poterla pilotare, limitandone la sovranità decisionale e riconducendone l'operato a prassi eterodiretta governata da centrali esterne. In fondo il neo Sindaco non è solamentegiovane ma pure inesperta. Nel frattempo altri cerretesi puntano l'indice su un elemento aggiuntivo che può azzopparne il ruolo e cioè l'allegra brigata con cui la Ciappelloni ha condiviso campagna elettorale e progetto politico; una compagnia capace di portare voti ma, per alcuni, legata mani e piedi al vecchio sistema di potere cerretese. Ma se è successo a Nostro Signore di sbagliare nella scelta di almeno uno dei dodici Apostoli, non si può certo pretendere il lindo e il pinto da una Livia Ciappelloni o da un qualsiasi altroPinco Pallino intenzionato a capitanare una lista politica e a subire il fascino dell'arte di governo. Infatti ilnuovo Sindaco sbaglia subito: l'11 giugno 2014 si insedia ufficialmente - sostenuta da otto consiglierisu dodici - e annuncia in Consiglio Comunale la composizione della Giunta e la distribuzione delle deleghe. A partire dal Vicesindaco, individuato nella persona di Annalisa Porcarelli, figlia di Giovanni Porcarelli - protagonista dell'operazione JP Industries - e attiva in ruoli di primo piano all'interno dell'azienda di famiglia, come si evince, ad esempio, dalla sua presenza alla riunione del 31 luglio scorso presso ilMinistero dello Sviluppo Economico sul caso Ardo (Verbale di riunione JP Merloni). Che è un po' come se a Fabriano, due anni fa, Sagramola avesse nominato come ViceSindaco Maria Paola Merloni. Anche i più moderati tra i metalmezzadri l'avrebbero ribattezzata Giunta Merloni ed è naturale che molti abbiano visto nella scelta della Ciappelloni il segno indelebile di una Giunta Porcarelli, il marchio di fabbrica di una compagine di governo cittadino direttamente targata JP Industries. Insomma, fossi stato cerretese l'11 giugno mi sarei incazzato a bestia col neo Sindaco e l'avrei accusata di essere unprestanome politico. Ma dopo soltanto un mese va in onda il colpo di scena. Neanche il tempo di pisciare nei bagni del Comune di Cerreto e il Sindaco Prestanome si fa carico di un atto politicamente estremo e definitivo: firmare i decreti di revoca delle deleghe assessorili ad Annalisa Porcarelli e Katia Galli che si sarebbero distinte sin dalla riunione di Giunta del 16 giugno - ossia sei giorni dopo i decreti sindacali di nomina - per una serie di astensioni culminate in un'azione di dissenso focalizzata attorno al Bilancio di Previsione 2014 (I Decreti di Revoca). Attorno ai no ai si e ai ni della politica c'è sempre molto da discutere, da precisare e di eccepire, ma osservando le cose da una cittadina limitrofa - ovvero da sede neutrale - ci si rende conto che è davvero poco interessante scavare e scovare tra le motivazioni amministrative dello scontro e molto più sensato rifarsi al simbolismo politico, cioè a un Sindaco chemette fuori dalla Giunta la figlia del superindustriale locale. Fosse successo a Fabriano nel caso ipotetico di MPM Vicesindaco sarebbe stata la presa della Bastiglia. E in qualche modo lo è anche a Cerreto. I Decreti di Revoca del 18 luglio appaiono, infatti, come un atto di autonomia della politica dai poteri forti dell'economia. C'è dell'altro? Può darsi. Ma così è se vi pare. Come è naturale le revoche hanno prodotto uno strascico perchè in politica l'autonomia si paga, e paga dazio chi rompe il sistema delle alleanze e delle consuetudini. E si pagano pure le svolte psicologiche, i passaggi da Prestanome a Impavida perchè gli strappi fanno saltare lo schema della mediazione, bruciano tutti i ponti alle spalle e alimentano desideri di vendetta; una vendetta pianificata e strutturata che trova la sua declinazione istituzionale il 7 agosto: otto consiglieri su dodici rassegnano simultaneamente le dimissioni, determinando la caduta del Sindaco e il Commissariamento del Comune di Cerreto d'Esi. La simultaneità configura l'esistenza di un accordo politico trasversale tra maggioranza e opposizione, un "inciucio a rompere" che se rappresenta un'oggettiva vittoria dell'opposizione, di certo getta un'ombra inquietante sulla maggioranza e sulla responsabilità politica e istituzionale dei suoi esponenti, che hanno preferito ricorrere a un'arma di distruzione di massa piuttosto che vincere una legittima battaglia politica ricorrendo allo strumento della mozione di sfiducia; strumento che avrebbe costretto ogni consigliere a motivare la propria posizione davanti al Consiglio Comunale e innanzi ai cerretesi. La storia di Livia finisce qui. Ma forse no, perchè cadere in piedi è il miglior viatico per risalire la china e tornare a vincere. Un monito e una lezione per chi aborre una politica che vive di sola tattica e di continui e snervanti inciuci.
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